Dopo le riprese effettuate da Matacchiera nel Mar Grande di Taranto, dove l’ ambientalista mostrava ciò che risiede nei fondale di fronte i canali delle acque di raffreddamento dell’ Ilva, sono stati fatti anche dei prelievi di acqua marina. A prendere l’ iniziativa è stato Angelo Bonelli, presidente dei Verdi; dopo l’ intensa opera di caratterizzazione, il campione è arrivato nelle mani di Giorgio Assennato, direttore dell’ Arpa Puglia che ha ufficialmente dichiarato il “sito superinquinato”. Idrocarburi, metalli pesanti, Pcb: i risultati affermano inevitabilmente una situazione critica, già ben sospettabile. Anzi già ben nota, si discolpa il gruppo Riva. Infatti, gli organi competenti sarebbero già da tempo a conoscenza della quantità e dei tipi di inquinanti che vengono riversati in mare dall’ Ilva, così come da tutti i grandi complessi industriali. Inoltre – hanno aggiunto i proprietari dell’ industria – i 110 milioni di investimento in depuratori hanno abbassato notevolmente la quantità delle emissioni. Riguardo la melma nera estratta da Matacchiera, la giustificazione è la seguente: “Tale tipo di sedimento è riscontrabile anche in ambienti acquatici non sottoposti a pressioni antropiche, e pertanto non può essere considerato indicatore di contaminazione massiccia da idrocarburi o altro, riscontrabile solo a seguito di accurate analisi chimiche”.
Dunque, mentre Bonelli grida allo scandalo e incita al risveglio, l’ Ilva sembra possa dormire ancora sonni tranquilli. Che il mare di Taranto fosse inquinato non è una novità; così come non è una novità che le città dove è forte la presenza industriale non godano di un’ ottima salute ambientale. Ora c’ è da chiedersi se i tarantini sono disposti a pagare a caro prezzo il pilastro della loro economia.
Claudia Morelli