Il 28 giugno 2012 il Santo Padre, Benedetto XVI, ha ricevuto in udienza privata il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il Pontefice ha, dunque, autorizzato la Congregazione a promulgare, insieme ad altri, i Decreti relativi al martirio del Servo di Dio, Giuseppe Puglisi, sacerdote a Palermo e lì ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993, perché “in odio alla fede”.
Don Pino Puglisi, tristemente noto alla cronaca per essere stato assassinato dalla mafia nel giorno in cui compiva 56 anni, è un segno forte nel panorama della storia della Chiesa in Italia. Gli esecutori e i mandanti mafiosi, legati alla cosca mafiosa di Filippo e Giuseppe Graviano, sono stati condannati con sentenze definitive: ergastolo per Graviano, Gaspare Spatuzza (che spalleggiava i killer e poi ha raccontato i retroscena del delitto), Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone.
L’arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, ha così commentato in occasione dell’ultimo anniversario del delitto: “Tre coordinate hanno caratterizzato il ministero di padre Pino: educatore dei giovani, accompagnatore e formatore di coscienze, sacerdote in ascolto delle loro esigenze e dei loro interrogativi”. Quella di Pino Puglisi è stata la scelta del Vangelo, di chi ha visto il male e a costo della propria vita lo ha combattuto. Padre Pino sapeva di dover morire, infatti, quando i killer gli si sono avvicinati, egli ha detto “vi aspettavo”. Ha cercato di strappare ogni singolo ragazzo all’orbita della mafia e per questo è stato ucciso. Ma il seme piantato nella terra di Palermo non resta sterile, perché la mafia non deve più privare l’uomo del bene, della dignità, della civiltà.
Il Vaticano, con questa decisione, ha voluto sottolineare il ruolo di “martire” del sacerdote ucciso per la sua opera evangelica. Riconoscere il martirio di don Pino, “scomunica” indirettamente la mafia e i suoi killer. L’arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, rivolgendosi alla stampa ha detto: “Il martirio di don Puglisi mette in luce tutte le tenebre del mondo della mafia e dell’illegalità, un mondo lontano dal Vangelo che padre Pino Puglisi ha smascherato”. La mafia con i suoi santi, santini e mamma santissime “non perdona, non condivide e uccide, tutto l’opposto del Vangelo che perdona, condivide e di certo non uccide”, queste le parole del prelato.
Ritornano alla mia mente le parole del discorso che Giovanni Paolo II pronunciò ad Agrigento nel maggio del 1993. Egli concludeva: “Dio ha detto una volta: non uccidere. Non può l’uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Nel nome di Cristo, mi rivolgo ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!”. Era il 9 maggio 1993. Quelle sue parole faranno immediatamente il giro del mondo e saranno note come l’anatema di Giovanni Paolo II contro la mafia.
La beatificazione di don Puglisi chiude finalmente il cerchio! La motivazione della sua beatificazione pone una “scomunica” sulla mafia, un anatema che coinvolge tutti coloro che sono mafiosi, ma anche tutti i loro affiliati, i loro attendenti, i collaborazionisti, i simpatizzatizzanti ecc, ecc. La beatificazione di padre Puglisi dice al mondo che la mafia è male e che il cristiano autentico, sull’esempio di don Puglisi, deve combatterla con tutte le forze ovunque riesca a riconoscerla.
Maria Raspatelli
la mafia scomunicata nel 2012. wow ci sono voluti solo svariati decenni per giungere a questa decisione. -.-‘
Già all’indomani dell’uccisione di Falcone e Borsellino, Giovanni Paolo II di fatto “scomunicò” la mafia, invitandoli alla conversione, con il famoso anatema di Palermo. Dal Concilio Vaticano II, però nei suoi decreti, non c’è più lo stile della scomunica intesa in senso formale, non c’è più il cosiddetto “anatema sit”. Inoltre, nel credo cristiano, i 10 comandamenti sono ancora validi e quindi è chiaro che chiunque attenti alla vita di un altro uomo è di fatto fuori dalla Chiesa. E’ bello che il martirio di don Puglisi, oggi sia un faro che illumina le tenebre.